I soldi del Decreto liquidità non arrivano e l’imprenditore con chi deve prendersela: con il governo o con le banche? Bella domanda. Ieri, 28
aprile, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, durante la sua visita a Lodi, ha chiesto alle banche “un atto d’amore”, cioè “facciano
un grande sforzo per erogare liquidità alle imprese che hanno bisogno. Venite incontro a queste richieste”.

“Più che un atto d’amore ci vogliono regole più chiare e una politica che spinga le banche verso una maggiore consapevolezza” commenta Francesco Napoli, vicepresidente nazionale della Confapi, organizzazione che rappresenta 90 mila piccole imprese con un milione di dipendenti. “E occorre che il governo e l’Antitrust vigilino sul sistema del credito per scongiurare comportamenti scorretti” aggiunge Napoli. In piena crisi Coronavirus le imprese svizzere o tedesche hanno già ricevuto i primi aiuti, versati nel giro di pochi giorni grazie a procedure molto semplici. In Italia invece di soldi ne sono arrivati ancora pochi. “Per le aziende la liquidità è come l’ossigeno. Il 20% delle nostre imprese rischia di chiudere a causa di questa crisi. E noi
abbiamo sentito dal governo un linguaggio improprio, che parla di grande volume di fuoco quando poi in concreto è arrivato ben poco nei conti correnti degli imprenditori”.

Il problema non è solo nelle regole stabilite dal governo per accedere al prestito da 25mila euro su 6 anni garantito dallo Stato (con un interesse compreso tra l’1,2 e il 2%), ma dalla burocrazia delle banche: “Alcune rispondono subito, altre no” riferisce Napoli “e altre ancora applicano condizioni non previste dalle norme del governo. Per esempio, che l’azienda non deve essere stata in difficoltà nel 2019. Non solo: in alcuni casi il prestito viene usato per sanare situazioni debitorie precedenti, violando le norme”. Oltre a imporre condizioni aggiuntive o addirittura neppure rispondere alle richieste dei piccoli imprenditori, alcune banche hanno già comunicato di aver esaurito il plafond di fondi disponibili per i prestiti garantiti dal governo.

Mentre le Poste, che rappresentano per alcune piccole aziende il punto di riferimento come istituto di credito, non erogano il prestito da 25mila euro, costringendo l’imprenditore a mettersi in coda per aprire un conto in banca.
“A questa difficile situazione” riferisce Napoli “si aggiungono i ritardi nel pagamento della cassa integrazione in deroga: la procedure per ottenerla sono farraginose e richiedono tempo con il risultato che finora non è stata versata quasi a nessun lavoratore”.
Il Decreto liquidità approvato l’8 aprile prevede varie forme di finanziamento alle imprese con una durata massima di 72 mesi: finanziamento fino a 25 mila euro per piccole e medie imprese e persone fisiche che esercitano attività d’impresa, arti o professioni; finanziamento fino a 800 mila euro per imprese con ricavi fino a 3,2 milioni di euro; finanziamento fino a 5 milioni di euro per Imprese con un numero di dipendenti inferiori a 500.

Fonte: panorama.it